lunedì 30 dicembre 2013

Per concludere



Noi siamo in grado di desiderare solo ciò che pensiamo di meritare.
E dato che il desiderio funziona come principio catalizzatore nei confronti di quella che usiamo definire "realtà", ecco che attiriamo senza tregua in ogni momento verso di noi il nostro futuro, materializzandolo letteralmente attraverso il nostro inconscio anelito divenuto manifesto. 
Da ciò che ci accade in effetti possiamo leggere - quasi come in una sfera di cristallo - ciò che pensiamo di noi stessi, in profondità.
Il pensiero e l'azione sono collegati a filo doppio in una tale ammasso di cavi intrecciati che è quasi impossibile definire quale venga prima e quale dopo. 
Si può parlare piuttosto di una incessante altalena in cui la causa e l'effetto oscillano vorticosamente sullo stesso asse, finendo per essere scambiati l'una con l'altro.

Solo divenendo consapevoli di tale oscillazione si potrà interromperla, non certo perchè vi sia nulla di errato in essa ma semplicemente perchè l'Essere conscio non ha necessità di muoversi pedestremente lunga una singola linea assiale: l'uomo illuminato le percorrerà tutte contemporaneamente, seguendo di volta in volta quella più agevole per perseguire il proprio scopo.
E il proprio scopo non sarà mai a scapito di altri perchè chi avrà maturato una simile visione di insieme sarà a tal punto inserito nel tessuto della Vita da essere incapace di nuocere ad Essa e a coloro che ne partecipano. 

L'illuminato non vende verità, non tesse lodi, non concepisce elogi e non si meraviglia innanzi al bene o al male.
Egli semplicemente è, percepisce e fa percepire.
Ed è in grado di attendere al di là dei secoli che altri si uniscano al suo sempiterno gioco d'Amore.

Nathaniel


lunedì 16 dicembre 2013

Solcando i 7 mari



Non so esattamente come dovrei sentirmi oggi.
La nebbia ha invaso la montagna di fronte alle mie finestre.
E così ha fatto col mio cuore.
Mi sento opaca, come un bicchiere finito troppe volte in una lavastoviglie senza brillantante.
Consumo avidamente una Chesterfield dopo l'altra.
Di ciò la mia dottoressa sarebbe fiera, ne sono più che sicura.
E con lei il mio buco coronale.

La solitudine mi ha invasa.
Saranno le luci degli alberi natalizi che filtrano dalle finestre delle case vicine, sarà la nebbia, sarà l'assenza che pesa, sarà il dovere continuo all'integrazione di notizie ed eventi non sempre facili da digerire, sarà questo perenne sentirsi spaccati in due che rende il sapore del caffè amaro al mattino, per quanto zucchero ci si possa sciogliere dentro.
O forse sarà la ciclotimia che di tanto in tanto pretende la sua taglia, il suo giro di ruota, anche solo per fare uno sgambetto a colui che si era illuso di averla dimenticata.
Ed io non posso fare che accontentarla, passivamente, come si accontenta un vizioso che ormai è ben al di là di qualsiasi tentativo di redenzione.

Madame Bovary occhieggia dal comodino.
Lo strumento tace, anche se nella mia testa rimbomba il suo rimbrotto permaloso che istiga la coscienza al senso di colpa, al puntuto dovere.
Ma quanti doveri potrò mai assolvere in questa pallida giornata di dicembre?
Forse l'unico sensato sarebbe quello di tacere di fronte a tanta malinconia,  aspettando paziente che decida di levare le ancore come una nave dalle stive colme, un relitto ormai sazio di pretendere senza nulla dare in cambio.

Nathaniel


sabato 14 dicembre 2013

A chi scrive e a chi legge



Scoprire che i blog degli amici di penna sanno emozionare più della gran parte dei "libri" di sedicenti scrittori pubblicati (vedi Fabio Volo) non ha prezzo.
Per tutto il resto c'è Mastercard.
Ma forse anche no.

Nathaniel

giovedì 12 dicembre 2013

lunedì 9 dicembre 2013

In-coscienza di classe



"Che tutti gli uomini lavorino con costanza, e il lavoro renderà loro la vita sana e gioiosa, e li libererà dal tormento dell'infinito, ci dice Zola. Lavorare. Ma a che cosa? I fabbricanti e i venditori di oppio, di tabacco, d'acquavite, tutti gli imbroglioni della Borsa, gli inventori e i fabbricanti di strumenti di distruzione, tutti i militari, tutte le guardie carcerarie, tutti i carnefici lavorano, ma è evidente che l'umanità ci guadagnerebbe se tutti questi lavoratori cessassero il loro lavoro... A mio avviso, non soltanto il lavoro non è una virtù, ma nella nostra società, organizzata in modo difettoso, è più spesso un agente di anestesia morale, come il tabacco, il vino ed altri mezzi per stordirsi e nascondere il disordine e il vuoto dell'esistenza..."

Lev Tolstoj